disegno umoristico


Tarpon

La Val Tarpòn, celebre per la produzione del tipico formaggio Tarpòn, nonché del rinomato vino Tarpòn, prende nome dal borgo principale, Tarpòn. C’è anche chi dice che la valle e il borgo abbiano preso nome dal formaggio, o dal vino, e chi sostiene invece che le denominazioni di borgo, valle, vino e formaggio derivino da un certo Tarpòn, il primo leggendario abitatore della zona.
In Val Tarpòn, precisamente a Tarpòn di Sopra, frazione del comune di Tarpòn, il ragionier Bianchetti si era da poco comprato la seconda casa, un grazioso chalet con vista sul monte Tarpòn. Qui, lontano dai meccanismi alienanti della convulsa vita cittadina, era fermamente intenzionato a trascorrere tutto il suo futuro di ferie, feste comandate e week-end. La prima notte che finalmente poté trascorrere in quel paradisiaco rifugio stentò ad addormentarsi, disabituato com’era all’assenza assoluta dei rumori del traffico. Per prendere sonno si mise a contare le stelle che scorgeva attraverso la finestra e che facevano corona alla luna, appena spuntata dal profilo sinuoso dei colli Tarpòn. Prima di sprofondare beatamente in una serie di sogni popolati di marmotte, camosci, stambecchi e con sottofondo musicale di cori alpini, disse tra sé:
«Domattina mi sveglierò al canto degli uccelli del bosco...».
Invece, la mattina seguente, a farlo balzare sul letto con il cuore in tumulto fu un impressionante gorgoglio: più che al canto degli uccelli assomigliava ai gargarismi di un ippopotamo. Il Bianchetti si accorse così con orrore che era scoppiato un tubo nel bagno e che l’acqua stava allagando la casa. Corse subito all’osteria del paese a chiedere aiuto. Lo indirizzarono dall’idraulico, Tarpòn detto Tarpòn di Tarpòn sul Tarpòn, e vedendolo impallidire gli specificarono che l’individuo si chiamava Tarpòn, era soprannominato Tarpòn perché come primo lavoro faceva il produttore di formaggio e abitava nel borgo di Tarpòn in una casa sulla riva del torrente Tarpòn.
Il ragionier Bianchetti balzò in macchina e scese la valle su due ruote: arrivato nel borgo principale scoprì che tutte le case erano state costruite sulla riva del torrente.
«Dove abita il signor Tarpòn detto Tarpòn?» domandò a una vecchietta affacciata a una finestra.
«Qui – rispose la donna. – Però adesso non c’è: è andato a fare legna alla foresta del Tarpòn. Su per quel sentiero: non è lontano».
Non era lontano. Bianchetti riuscì a raggiungerlo con un’arrampicata di nemmeno un paio di ore. Gli si accasciò davanti gemendo:
«Mi è scoppiata la tubatura dell’acqua: aiuto!».
L’uomo lo guardò con simpatia.
«Capisco – mormorò aiutandolo a rialzarsi. Poi chiarì: – Capisco che lei ha sbagliato persona. Immagino che stia cercando Tarpòn detto Tarpòn, l’idraulico».
Quindi gli spiegò pazientemente che lui si chiamava sì Tarpòn detto Tarpòn, ma il soprannome gli derivava dal fatto che era grande e grosso come il monte Tarpòn: tutt’altra faccenda dato che tra una montagna e un formaggio c’è una bella differenza. Il Tarpòn detto Tarpòn che Bianchetti stava cercando era al lavoro nel suo caseificio, a Tarpòn di Sotto.
Un’ora più tardi lo sventurato ragioniere, aggrappato a una pila di forme di Tarpòn superstagionato, rantolava: «Tarpòn...». Gli incartarono subito un paio di chili di formaggio, poi, chiarito l’equivoco, lo informarono che Tarpòn detto Tarpòn si trovava in municipio, essendo, oltre che formaggiaio e idraulico, anche sindaco del comune.
Dal municipio l’assessore Tarpòn lo dirottò alla chiesa, dove il sindaco si era recato per il battesimo del figlioccio: ma purtroppo, come gli spiegò don Tarpòn, la cerimonia era già terminata e tutti erano andati a festeggiare alla trattoria Tarpòn a Tarpòn Alta. Non era lontana, per carità: con una mezzoretta di macchina e un po’ di fortuna per via della strada sconnessa ci si poteva arrivare. Due ore e due forature dopo, il Bianchetti, con la faccia stravolta e i capelli arruffati, entrava nella trattoria ruggendo: «Tarpòn!». Seguì uno spiacevole diverbio col trattore, in seguito al quale Bianchetti scoprì che il termine “tarpòn” nel dialetto locale aveva un significato offensivo. Alla fine si poté chiarire tutto: anche che il sindaco-idraulico-formaggiaio se ne era già andato da una decina di minuti.
A questo punto il ragioniere si arrese. Tornò a casa a guardare l’acqua che zampillava dalle finestre, si sedette sulla soglia, e là rimase per tre giorni, con lo sguardo fisso.
Quando lo dimisero dall’ospedale di Tarpòn, due mesi più tardi, era perfettamente guarito dall’esaurimento nervoso. C’era solo un piccolo inconveniente: ormai riusciva a pronunciare un’unica parola: “Tarpòn”.
Ma in fondo in quella valle era sufficiente per dire quasi tutto.

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